di Francesca Cecchini

La nuova produzione del Teatro Stabile dell’Umbria porta in scena la compagnia di talenti locali e offre al pubblico una divertente riproposizione del genio di Feydeau e della leggerezza della società ottocentesca

Una scatola nella scatola. Così si apre il sipario sulla nuova produzione del Teatro Stabile dell’Umbria, “A scatola chiusa” di Georges Feydeau (1862-1921), portata in scena da una parte della nuova compagnia di giovani under 35 dello Stabile, nata per valorizzare talenti locali, e diretta da Danilo Nigrelli. Ad aprire il vaso di Pandora (la scatola) sono la cameriera e il maggiordomo che, sin dal primo barlume di luce sul palco, diventano comprimari della scena (e non figure marginali come nel testo originale) e non solo tirano le fila delle “marionette” (i protagonisti), ma a volte si fermano a riflettere se valga la pena cambiare qualche azione che porti ad un finale diverso dal classico. Monsieur Pacarel (un Francesco Bolo Rossini di una comicità unica ed inconsueta), che ha fatto una fortuna con la fabbricazione di zucchero per diabetici, e la moglie Marta (interpretata da Caterina Fiocchetti che torna, come sempre, a non deludere il pubblico e che trova in questo ruolo brillante un proprio habitat naturale che le calza a pennello) vivono la loro routine affiancati da amici di famiglia: il Dottor Landernau e Amandine, la consorte. Per dare smalto al suo nome, Pacarel decide di ingaggiare un famoso cantante lirico (il giovane Edoardo Chiabolotti, rivelazione dello spettacolo) e di far rappresentare al Teatro dell’Opera, il Faust scritto da sua figlia Giulia. Presa la decisione, inizia un divertente gioco di equivoci portato in scena con un ritmo frenetico che tutti gli attori reggono con una tempistica di battute eccellente. Colpi di scena e malintesi a non finire si susseguono in questa rilettura della Chat en poche portando il pubblico ad apprezzare in pieno il teatro di Feydeau. Un Feydeau che scrisse “Se vuoi far ridere, prendi dei personaggi qualunque, mettili in una situazione drammatica e procura di osservarli da un’angolazione comica“. Con la regia di Nigrelli, l’intento dell’autore francese è centrato in pieno.

“Abbiamo deciso di mettere in scena A scatola chiusa di Georges Feydeau – asserisce il regista – perché abbiamo pensato che fosse la palestra più adatta per la formazione di un gruppo di giovani attori. Per provare a coltivare il loro orecchio culturale e tecnico. L’Ascolto, appunto. E questo grande autore ti obbliga a sentirlo, a seguirlo, e dopo averlo fatto, anche maniacalmente, perché questi testi sono spartiti, ti ritrovi nella più grande libertà, a suonare dei personaggi enormi. Sì, sono dei grandi personaggi, questi omini e donnine che vanno a cento all’ora! Dopo che Feydeau ti ha quasi obbligato a dipingerli come dei burattini, ti accorgi che sono così umani da spaventarti, per la loro crudezza. La Belle Epoque è il tempo di questi personaggi. Un periodo durato circa venticinque anni. La parola trainante allora era Moderno. La cosa più moderna di tutte era la Velocità. E fu un turbinio di motori, soldi, nuove classi sociali, moda, champagne, corna, musiche frenetiche, gonne in aria e grandi scoperte, in ordine sparso. E si divertivano, Si divertivano come pazzi. E stavano al passo con i tempi, erano veloci, scattanti, moderni. E si arricchivano, compravano case, i dischi col grammofono, andavano a ballare. E’ facile in una società così, organizzare equivoci, trabocchetti, scambi di persona e quant’altro, cosa che Feydeau trama mirabilmente, per poterla deridere questa società e mostrarla, a specchio. Il Teatro. Quando dirigeva le proprie opere Feydeau chiedeva ai suoi attori, di prendere i propri personaggi molto seriamente. Con molta umiltà crediamo di averli presi molto seriamente i protagonisti di “A scatola chiusa”, che per la verità son molto buffi, e pur non sapendo se sapremo far ridere, sappiamo che dentro la scatola abbiamo guardato, questo lo possiamo assicurare. Ma cosa ci sia dentro non possiamo dirlo…”.

Lo spettacolo, dopo aver debuttato con successo al Teatro Mengoni di Magione e in altri teatri umbri, dal 5 a domenica 17 maggio (tutti i giorni alle 21, eccetto sabato alle 18, domenica alle 17 e lunedì riposo), arriva al Teatro Morlacchi di Perugia. Di Georges Feydeau, traduzione e adattamento Livia Ferracchiati, Danilo Nigrelli, con Francesco Bolo Rossini e Giordano Agrusta, Caroline Baglioni, Edoardo Chiabolotti, Caterina Fiocchetti, Elisa Gabrielli, Elisabetta Misasi, Ludovico Röhl, Samuel Salamone, regia Danilo Nigrelli, assistente alla regia Livia Ferracchiati, luci Simone de Angelis, scene Danilo Nigrelli, una produzione Teatro Stabile dell’Umbria