Torna il grande teatro estivo alla Rocca Flea di Gualdo Tadino e lo fa con un classico della tragedia shakespeariana, Re Lear. Giovedì 18 agosto il teatro all’aperto del castello federiciano, ovvero il parco che circonda la fortezza, oggi museo civico, accoglierà il regista Giancarlo Marinelli e il suo “Re Lear” , interpretato da un ottimo Giuseppe Pambieri.
Dopo aver ospitato lo scorso anno Giorgio Albertazzi nelle “Memorie di Adriano” in quella che è stata una delle ultime interpretazioni del grande attore prima della sua scomparsa, anche in questa stagione Gualdo Tadino riproporrà uno spettacolo di assoluto livello sempre all’ombra della suggestiva rocca federiciana. Nella produzione anche il gualdese Daniele Gelsi che ha curato i costumi, continuando ad inanellare successi sul fronte teatrale dopo le collaborazioni con nomi importanti del calibro, tra gli ultimi, di Michele Placido. I biglietti sono in prevendita presso la Chiesa di San Francesco al prezzo di 20 euro per la platea e 15 euro per il parco.
Lo Spettacolo Re Lear La storia d’amore più grande che si possa raccontare è solo una: quella tra un padre e una figlia. E “Re Lear” è questo. Per tre volte. Visto che ha tre figlie. In fondo, che cosa fa il Lear? Vuole spogliarsi di tutto: del governo, del potere, di ogni questione terrena e tenebrosa, per fare solo e definitivamente il padre. Non vuole più essere Re. Ma solo Lear. Andare incontro alla Morte come un uomo che, tornato a casa dal lavoro e sfinito ai crucci, va incontro alla sua bambina che l’ha aspettato per tutto il giorno. Questo vorrebbe Padre Lear. Godersi quel momento feroce e dolcissimo della vita in cui la Figlia diventa la Madre di suo Padre. Capita a tutti. Prima o poi. Diventiamo i genitori dei nostri genitori. Ma la trappola del Bardo è in agguato. Goneril, Regan e Cordelia, (sì, anche Cordelia), non vogliono essere Madri. Vogliono essere Padri. E Padroni. Vogliono sostituire il Re senza soluzioni di continuità. Né di virilità. Si sposano e sotto-mettono i mariti con “i fegati da latte”, costringendoli a tradimenti, misfatti, guerre. Dal Gioco alla Tragedia. Nessuno va più incontro alla Morte. È la Morte che va incontro a tutti. È sempre e solo un problema di ruoli. Ciò che smettiamo di essere e che vogliamo continuare ad essere (Lear desidera essere ancora e solo il Re delle figlie; le figlie non vogliono più essere bambine, ma fingono di esserlo per strappare lo scettro al padre). Ciò che non siamo mai stati e che vorremmo essere, (il Bastardo Edmund). Ciò che siamo e che non siamo mai felici d’essere, (il Legittimo Edgar). L’amore che siamo per qualcuno, (Edgar per Gloucester, Kent per Lear), e la vergogna che siamo per qualcun altro, (Edmund per Gloucester e Gloucester per Edmund). “Tutti ad una certa ora della vita siamo l’amore per qualcun altro”, ha scritto Renato Simoni, “che per il Bardo tanto ha fatto. Ma se sbagli l’ora, anche solo di un minuto, tutto il resto è perduto. Anzi: è silenzio”