Il conflitto tra maschile e femminile in Casa di bambola, spettacolo che ha visto l’atteso ritorno di Filippo Timi al Teatro Morlacchi. Un’originale visione di Andrèe Ruth Sammath penetra negli strati dell’affascinante universo dei personaggi, ne esplora profonda crisi di identità e rimanda al pubblico una miscela di ruoli maschili interpretati da un unico attore
di Francesca Cecchini
Un’edizione particolare della Casa di bambola di Ibsen è andata in scena al Teatro Morlacchi di Perugia, nell’ambito del cartellone targato TSU. Sul palco, diretti da Andrée Ruth Shammah, Filippo Timi, Marina Rocco, Mariella Valentini, Andrea Soffiantini, Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Elena Orsini e Paola Senatore. Lo scorso giovedì il cast si è confrontato con il pubblico durante un incontro coordinato da Alessandro Tinterri, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo e di Storia e Critica del Cinema dell’Università degli Studi di Perugia. La nostra curiosità è caduta sull’attore perugino, nativo di Ponte San Giovanni, che, ad ogni suo ritorno in Umbria, è sempre più apprezzato dai suoi conterranei per la genuinità e l’estro geniale che caratterizzano le sue interpretazioni. Nel testo di Ibsen, Filippo Timi, per scelta del regista, interpreta tutti i ruoli maschili, trasformandosi in ogni personaggio e rimandando, di volta in volta, al pubblico un’interessante lettura maschile e regalando alla platea una straordinaria prova attoriale.
Nella pièce, tema portante è il confronto tra identità maschile e identità femminile che, sul palco del Morlacchi, ci mostra la donna quale “vittima di uno schema sociale” ma prevede anche una visione dei ruoli di un certo tipo: in qualche modo ogni personaggio è, allo stesso tempo, vittima e carnefice. Ma come affronta Timi questo testo classico? “In teatro mi piace sentire quando i sentimenti sono veri (in scena). Affrontando Casa di bambola, mi sono accorto – ed è un pensiero personalissimo – che la verità non basta”. Secondo l’attore umbro, infatti, per un classico occorre mettere un “qualcosa” che vada a supplire questa verità e “Allora cosa ci metti? Ci si potrebbe mettere ritmo, il saperlo fare, la tecnica, cosa che ci mettiamo altrimenti sarebbe impossibile fare due mesi di repliche. Io mi sono attaccato all’onestà, cioè, al non mostrarmi attorialmente più di quello che sono in scena”. Un atteggiamento che nella vita è diverso perché nel quotidiano reale, continua Timi, la sua anima è più “riparata” invece in scena “Sono costretto a vivermi dei sentimentoni – io li chiamo sentimentoni perché mi strappano il cuore – davanti a qualcosa come settecento persone”. Perché affrontare questioni tanto importanti, mettersi a nudo davanti ad una platea gremita pare essere la domanda che l’artista si pone. La risposta sembra essere affidarsi al “classico” che ha un tema portante di rilievo. “Il tema brucia ancora, è tutto tra il maschile e il femminile” e qui fa gli esempi calzanti del rapporto tra i due giovani innamorati (i ragazzo che aiuta in casa e la cameriera) e del momento del bacio, nonché del protagonista che sceglie di rimanere accanto, nonostante le grandi difficoltà, ai tre figli abbandonati dalla madre. “Il conflitto è tra maschile e femminile, le armi di un femminile e le armi di un maschile”. Secondo Timi “La tesi fondamentalmente è che, quando l’amore finisce, si perde tutti”. Nel caso specifico dello spettacolo chiaro è che chi perde più di tutti sono i figli, proprio come accade nella vita reale perché, là dove una famiglia è apparentemente felice e passa inosservata agli altri nella finzione di serenità, i bambini, nel viverla, percepiscono la frattura e tutto ciò che ne consegue li porta, così, nel disagio più totale. “Nello spettacolo si parla tanto di questa cosa meravigliosa. Cos’è? Crederci anche quando farlo è difficile. Come hai fatto ad andare avanti? Io alcune volte, anche nella vita di tutti i giorni, non so dare risposta. Si va avanti, si soffre, si piange, ma si va avanti”. Un consiglio per i giovani affinché capiscano che l’impegno quotidiano ha un valore inestimabile: “Tutto il lavoro che si fa su se stessi a casa, nelle prove, nella vita, tutto l’impegno che mettiamo ogni giorno, poi, torna. Magari torna in un altro modo, ma torna”.