Vincitore della Coppa Volpi, arriva sul grande schermo del PostModernissimo di Perugia in anteprima nazionale il film di Andrea Pallaoro “Hanna”, interpretato da Charlotte Rampling. Presente in sala il regista che dialogherà con il pubblico dopo la proiezione
Al PostModernissimo di Perugia, domenica 11 febbraio (ore 21.30), arriva un evento di grande caratura con l’anteprima nazionale del film Hannah, con cui Charlotte Rampling ha ricevuto la Coppa Volpi alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia. In sala sarà presente il regista Andrea Pallaoro che dialogherà con il pubblico, raccontando i retroscena di quello che, nella pellicola, è un intimo ritratto di una donna che, dopo l’arresto del marito, inizia una lenta discesa verso la depressione. “La sceneggiatura – ha spiegato Pallaoro -è stata scritta proprio per Charlotte. Anni fa la vidi per la prima volta in un film di Luchino Visconti, ‘La caduta degli dei’, e m’innamorai. Iniziai a seguirla nei suoi ruoli, sognando di poter lavorare un giorno con lei. Qualche anno fa le mandai la sceneggiatura e una copia del mio primo film. Dopo qualche giorno lei rispose. L’incontrai a Parigi e quell’incontro segnò l’inizio di un’amicizia; l’esperienza di creare questo personaggio con lei mi ha insegnato tantissimo. Lei scava all’interno del mondo interiore del personaggio, lo fa in un modo che ammiro moltissimo”.
Hannah (in programmazione sul grande schermo dal 15 febbraio) Hannah aveva un marito, un figlio, un nipotino. Aveva un cane, un abbonamento in piscina, un lavoretto da governante. Ad un certo punto, tuttavia, nella sua vita è accaduto qualcosa e quella quotidianità rassicurante fatta di piccole azioni – lavare il cane, comprare i fiori, stendere il bucato – ha perso improvvisamente di senso. Suo marito è finito in carcere, lasciandola da sola, e suo figlio non vuole parlarle. L’ombra del sospetto, un sospetto annichilente e impronunciabile, si allunga sulla sua stessa vita: chi è davvero suo marito? Perché lei è l’unica che sembra credere alla sua innocenza? Hannah accompagna in carcere il marito e da allora la sua lotta per ricostruirsi una quotidianità priva di turbamenti è anche quella dello spettatore, cui Pallaoro non concede praticamente nulla: pochi appigli narrativi nascosti in gesti quotidiani, scarni dialoghi dispensati con severo rigore e silenzi protratti, pesanti come il piombo. Non è certamente un film facile, “Hannah”, nel suo pretendere (attenzione) senza concedere (soddisfazione), respingente per scelta, estetica, (anti)narrazione. Rifiutata la strada “facile” del racconto, Pallaoro si concentra con caparbia sul volto, il corpo, l’espressività della sua grandissima protagonista, una Charlotte Rampling sempre sullo schermo, inquadrata a distanza ravvicinata per cogliere ogni sfumatura della lentissima e dolente presa di coscienza del personaggio. Un vero e proprio stalking visivo che la Rampling sostiene con la classe di un’attrice capace di lavorare in sottrazione, desaturando i sentimenti, in un’austerità emotiva che ben si intona alla monacale impalcatura del film. Con Charlotte Rampling e André Wilms, drammatico, durata 95 minuti.
Il regista, dopo il suo esordio con “Medeas” alla sezione Orizzonti alla Mostra di Venezia 2013, torna dunque a raccontare una storia che si fissa negli stati d’animo dei personaggi e anche nel rapporto tra identità personale, sociale e di coppia. Una pellicola in cui tutto scorre, o meglio Hannah prova a farlo scorrere come prima dell’avvenimento che le ha sconvolto la vita; man mano la protagonista offre agli spettatori gli indizi per rimettere insieme i pezzi di quanto accaduto. Che cosa ha fatto sì che il marito sia finito in carcere e che il figlio non voglia più sapere niente nemmeno di lei? Quella di non offrire tutti i dettagli della storia è una scelta che può mettere lo spettatore a disagio, ma allo stesso tempo chi vede il film ha la possibilità di entrare in rapporto con il personaggio, vedersi a modo suo rispecchiato e quindi scoprire delle cose di se stesso e dell’essere umano.