di Alessandro Albano
Non c’è luogo di Napoli che non riesca a vantare un angolino o un locale dove gustare una specialità caratterizzata da un panorama, un evento storico o fantastico, un personaggio, una strada, un aneddoto o qualunque cosa un napoletano possa e sappia raccontare.
Qualche volta basta una parola e, in un sol colpo, torna alla mente il luogo, l’immagine, il profumo di quella tipicità che solo Napoli col suo grande cuore può richiamare. Ecco il Golfo coi suoi colori, gli aromi, il calore ed i profumi che in ogni periodo trionfano gongolanti nelle papille gustative di chi ha la fortuna di goderne con gli occhi e l’olfatto prima ancora che col palato.
È quello che accade in questo periodo a Mergellina allo Chalet Ciro, luogo storico della più tradizionale pasticceria partenopea, uno chalet sul mare di fronte al Vesuvio specchiato nel Golfo, ai piedi della collina di Posillipo che ormai da qualche anno sceglie di unire tradizione e solidarietà, chiacchiere e sanguinaccio con la vicinanza ai più deboli quale simbolo del grande cuore napoletano. Quest’anno, il proprietario Antonio De Martino, sposa un progetto di crowdfunding sociale Meridonare in favore di una comunità educativa a dimensione familiare Oikos posta nel cuore di Napoli per bambini che necessitano di accoglienza temporanea in un particolare delicato periodo della loro vita. E lo fa donando quello che ha, semplicemente, attraverso la passione per la tradizione dolciaria. E d’un colpo offre chiacchiere napoletane, sanguinaccio e graffe condite dal grande cuore partenopeo. Ne deriva una fantastica poesia, in armonica corrispondenza col tradizionale modo di vivere partenopeo. Ogni festa sembra riprendere la fanciullesca voglia di gioco spensierato e di godere di quei dolci, semplici e gustosi, che al solo nome arriva l’acquolina in bocca. Le chiacchiere. Si racconta siano nate quando la Regina Margherita di Savoia, madre di Vittorio Emanuele III, che nacque proprio a Napoli il novembre del 1869. La Regina, si sa, amava chiacchierare ed un giorno, durante quelle chiacchierate, le venne appetito e chiese al cuoco di corte, Raffaele Esposito, di preparare un dolce in grado di allietare sia lei che i suoi ospiti. Acqua, farina ed ecco pronte le “chiacchiere” al volo. A queste, piano piano, si affiancano sanguinaccio, savoiardi, migliaccio e castagnole…e tanto, tanto altro. Ma senza perderci in tante parole, sappiamo che, girando per Napoli possiamo trovare qualche variante anche se la classica chiacchiera fritta è una sfoglia biscottata ben lievitata con bordo appuntito ricoperto di zucchero talvolta accompagnata dal sanguinaccio, crema dolce a base di cioccolato fondente amaro. Il connubio non ha eguali. La somiglianza armonica, di questo dolce, con il modo di vivere del popolo napoletano, gli dona un valore simbolico e materiale incommensurabile. Basti pensare che i napoletani amano parlare, chiacchierare anche descrivendo con fervida immaginazione, fatti e persone, alimentando e promuovendo sempre più un senso di condivisione dell’essere umano, indistintamente e senza pregiudizio, che riesce ad aiutare il genere umano a riprendersi dal dolore, dalla sofferenza, trasformando ogni problema in speranza ed occasione ed ogni ingiustizia in forza e coraggio. E allora? “Chiacchieriamo” e “condividiamo” ogni momento ed in ogni momento la dolcezza e la poesia di questa bellissima e maltrattata terra.