Uno spettacolo senza confini, che parla delle donne, dell’emancipazione femminile e che si sviluppa in scena partendo dai racconti di Rina Gatti, fino ad arrivare all’immaginario collettivo nella voce narrante di Caterina Fiocchetti e nelle note del violoncello di Andrea Rellini. Un progetto che, ci spiega l’attrice, è in continuo movimento e che di volta in volta offre sfumature diverse

di Francesca Cecchini

Liberamente ispirato ai racconti di Rina Gatti arriva sul palco del teatro Concordia di Marsciano stasera (2 marzo alle ore 21) , nell’ambito della stagione di prosa a cura del Teatro Stabile dell’Umbria, “Madonna”, spettacolo di narrazione per attrice e violoncello di e con Caterina Fiocchetti e musiche di scena di Andrea Rellini. Sul palco i due artisti danno vita ad un dialogo tra musica e parole, rimandando al pubblico le storie dell’amata scrittrice che, attraverso un linguaggio schietto, semplice, genuino come la comunità agreste che descrive, a sua volta dà voce e dignità ai valori e ai caratteri che sono parte del patrimonio genetico umbro.

“Madonna” ci porta in un viaggio fra i ricordi ingenui di una ragazzina che nasce nelle campagne dell’Umbria alle porte della seconda guerra mondiale. Una ragazzina che diventa donna e che affronta matrimonio e maternità in un momento storico in cui la società contadina si incontra e si scontra con una prima coscienza politica, con la religione, l’ignoranza e una sempre più pressante necessità di sopravvivere.

Lo spettacolo, ci spiega Caterina Fiocchetti, è un progetto sempre in movimento, nato anni fa “da un’indagine che volevo fare sulle donne sul territorio. Subito mi si presentò l’immagine di Rina Gatti che in quel periodo era venuta a mancare da circa un anno”. Inizia così lo studio sulla sua vita e sui suoi scritti che sfociano nelle prime presentazioni, letture di brani. Una curiosità crescente porta l’attrice ad approfondire queste storie che raccontano una realtà lontana, ma non troppo, ormai quasi scomparsa, ma nelle quali è facile ritrovarsi. Ad un certo punto l’idea dell’utilizzo di uno strumento musicale, il violoncello, “le cui vibrazioni si dice siano paragonabili a quelle del cuore”, accostato al concetto di scrittura “terapeutica” della Gatti. Fondamentale è l’incontro con Andrea Rellini con cui si è lavorato a fondo per trovare il modo di permettere alle parole e alla musica di guidare la narrazione, affinché si venisse a creare non un accompagnamento, ma un vero e proprio dialogo. “Ogni volta c’è una sfumatura diversa”. La svolta creativa arriva in occasione di Teatri Aperti con la possibilità di provare “Madonna” sul palco di un teatro. “Abbiamo avuto a disposizione il teatro per diversi giorni e lì si è presentato il momento giusto per lavorare sulla presenza del musicista e sulla sua responsabilità nei confronti del racconto”. A quel punto Rellini inserisce delle musiche composte da lui, già edite ma sue di repertorio, più due brani non suoi.

In questi anni anche la scenografia è cambiata. “All’inizio dello studio la scena era colma di oggetti che evocano alcuni personaggi poi, andando avanti con il progetto, lo spettacolo è cresciuto e ho deciso di togliere gli orpelli e di affidare tutto alla narrazione”. Riportare, dunque, lo spettatore indietro nel tempo e coinvolgerlo, come accadeva una volta davanti a un focolare, in un racconto della memoria durante cui però alla Fiocchetti viene spontaneo ispirarsi non solo alle figure femminili dei racconti, ma anche alle donne della sua famiglia. “Mi ispiro ai suoi racconti – ci dice – ma racconto anche di me”. Seppur lo spunto parte da “Stanze vuote” e “Stanze vuote, addio” (edizioni Thyrus, 2002 e 2003), i suoi due primi libri, nasce poi l’elaborazione di scene più personali che l’attrice si immagina “attingendo alla mia memoria, perché comunque anche la mia era una famiglia che veniva dalle campagne perugine. Nei suoi scritti ho riconosciuto le mie nonne, mia zia. Le riconoscevo e le vedevo anche in me”. In scena “A volte divento lei, ma in realtà divento anche me”.

Rina Gatti scriveva in italiano, non in dialetto. Sul palco il linguaggio prende forma attraverso un “perugino” smussato dalla Fiocchetti e reso comprensibilissimo a tutti, trasformandosi in un ulteriore veicolo per arrivare al pubblico che, così, anche fuori regione può apprezzarne la storia narrata. Ancor più il tema dell’emancipazione femminile vissuta nello scenario della campagna umbra (riflesso di un luogo senza confini) in un’epoca in cui tutto era tabù ma dove, nonostante ciò, “le donne riuscivano in qualche modo a custodire la loro identità femminile”. A livello antropologico, sottolinea infatti la Fiocchetti, “come scrisse in un articolo Arrigo Levi, gli scritti di Rina non riguardano solo l’Umbria, ma anche tutte le zone in cui questa civiltà contadina si è sviluppata”.

Lo spettacolo, una produzione Art N/veau, l’8 marzo sarà al teatro Cesare Caporali di Panicale.