Sempre attenta ai cambiamenti della società e con lo sguardo aperto costantemente sull’uomo contemporaneo, la compagnia Occhisulmondo chiude il cerchio sulla trilogia di William Shakespeare con “Il Nero” e compie un viaggio di ricerca antropologica nella Parigi di oggi, specchio dell’Europa (Venezia) colpita al cuore da una cultura “mora

di F.C.

È “To feel” ad aprire nel 2009 la trilogia su William Shakespeare di Occhisulmondo. La compagnia teatrale perugina portò allora in scena una personale rivisitazione di “Romeo e Giulietta”, opera che venne presa a pretesto (e “in prestito”) per raccontare la difficoltà di comunicazione nei rapporti. Nel 2013 è la volta della seconda pièce, “Un Principe”, liberamente tratto “dall’Amleto” con l’intento di metterne in evidenza la caduta di una stato, il marciume della società, l’avidità e la perdita di responsabilità. Una società senza tempo, specchio del passato e del presente. Ora, a distanza di anni, a chiudere il cerchio arriva “Il Nero”, progetto in work in progress, con riadattamento drammaturgico di Massimiliano Burini, che ne è anche il regista, e Giuseppe Albert Montalto, e con la consulenza dell’antropologo Matteo Fiorucci.

Burini e Montalto hanno già tradotto la tragedia shakesperiana arrivando a una personale lettura e a un adattamento che ha portato a scelte di riduzioni testuali importanti, spostamenti di alcune scene, per creare un altro tipo di continuità che servisse a ciò che la compagnia voleva raccontare. Seppur distanziandosi dall’opera originale, la narrazione firmata dai due artisti ne rispetta personaggi e svolgimento dei fatti, ma la colloca ai nostri giorni, portando alla luce un’Europa (la Venezia di Otello) che al momento rappresenta il centro dell’economia occidentale che viene attaccata da una cultura “mora”. Cultura che va a scontrarsi brutalmente con principi completamente diversi dai suoi. Quello che interessava al momento alla compagnia era infatti trovare un’opera classica che in sé potesse parlare di tanti argomenti che in questo momento sono specchio della nostra società. La migrazione, la diversità, la violenza di genere e, soprattutto, la grande violenza culturale, sembrano essere per il regista ben sintetizzati nell’Otello. Troppo spesso declinata come dramma della gelosia, la tragedia, se studiata con attenzione, è in realtà più un dramma dell’eros, pulsione che produce una serie di correlazioni ampissime che non sono legate solo al mero rapporto fisico, ma anche a una bramosia di potere e a un senso di possesso che possono, a loro volta, degenerare in ulteriori azioni e reazioni. Inoltre, lo straniere è Otello, ma anche Cassio lo è rispetto a Iago, e, a un certo punto, tutti i personaggi si ritrovano stranieri in una terra di non appartenenza. “C’è qualcosa che differenzia ed eguaglia le persone – spiega Massimiliano Burini – in più c’è un rapporto molto forte con una classe sociale, molto potente. Stiamo parlando dei Dogi, una classe militare potente. Oggi noi vediamo una classe dirigente, una “casta”, che fa da padrona e che viene attaccata nel suo stile di vita e di cultura. A pagarne le spese è la società. Interessante per noi sono gli esseri umani, le persone che restano infatuate, o colpite, o alienate dalle false chimere. Quello che volevamo era indagare i principi stessi della differenza, la diversità della diseguaglianza sociale attraverso una storia che racconta come gli uomini perdono il controllo delle proprie passioni. E come nessuno sia al sicuro. Il nostro tentativo, dunque, è cercare di raccontare questa storia riportandola alla nostra Europa, nel momento in cui è attaccata da questa (diversa) cultura che ci colpisce in maniera diretta, in pieno cuore. Con una violenza esagerata”.

Occhisulmondo a fine aprile partirà per Parigi dove passerà l’intero mese di maggio usufruendo della residenza dell’Istituto Italiano di Cultura. Al termine dei trenta giorni, il 30 maggio, la compagnia presenterà una restituzione pubblica all’interno dei Cantieri D’Europa, rassegna curata dal Théâtre de la Ville, in francese e in italiano. Da quel momento in poi partirà il progetto di produzione vero e proprio. “Andremo a Parigi – continua il drammaturgo – perché rappresenta un luogo dove sono accaduti dei fatti che hanno colpito al cuore l’Europa. Non mi sento italiano, ma europeo nella misura in cui percepisco che vengo giudicato, attaccato. Tra l’altro, nel caso della capitale francese, abbiamo un luogo dove c’è una popolazione multirazziale e multiculturale estremamente inserita da generazioni. Vedere che la violenza nasce lì ci fa ben intendere che l’intento è quello di colpire una delle “città aperte”, più europee”. Il viaggio di OSM sarà, dunque, uno studio per completare il testo e arricchirlo di quello che sono le risposte della società civile a tanta violenza, vivendola nel luogo stesso in una chiave antropologica, monitorandola, ascoltando le persone dopo gli accaduti. “L’urgenza è studiare le parole giuste che i nostri personaggi devono pronunciare. Deve trasudare la paura, la tensione, ma anche il riscatto, la dignità e il coraggio che c’è dentro una comunità che viene attaccata brutalmente. Il testo sarebbe rimasto superficiale o solo intellettuale da un punto di vista drammaturgico senza questo passaggio”.

Il Nero –drammaturgia di Massimiliano e Giuseppe Albert Montalto, con Caterina Fiocchetti, Daniele Aureli, Matteo Svolacchia, Greta Oldoni, Amedeo Carlo Capitanelli, Andrey Maslonkin, maschere di Mariella Carbone, costumi di Alessia Araminelli, scene di Francesco Sky Marchetti. In questa prima fase Occhisulmondo è sostenuta da Fontemaggiore e Indisciplinarte.

Foto di Daniele Burini