Sabato 16 marzo, presso la sala consiliare del comune di Meta di Sorrento, sarà presentata la raccolta “La storia della sete antica” dello scrittore siriano George Salem (MReditori). Il testo, uscito lo scorso gennaio, è stato presentato per la prima volta presso la libreria “Tamu” di Napoli.

di Teresa Lanna

George Salem è un autore particolare, dai tratti kafkiani. Scrittore, traduttore e filosofo, di fede cristiana; volutamente dimenticato per decenni perché scomodo, è stato tradotto dal Prof. Antonino d’Esposito, innamoratosi di alcuni racconti di Salem durante la stesura della sua tesi di laurea. L’opera di George Salem comprende circa trenta racconti, che affrontano i temi che coinvolgono l’essere umano: il significato della vita, l’inevitabile fine dell’uomo, la solitudine dell’individuo di fronte al mondo, lo stato poliziesco in cui la Siria versava e la soppressione della parola.

La molteplicità degli interessi dell’autore si manifesta nella sua produzione che abbraccia i campi della critica, traduzione e scrittura. I racconti di Salem, inseriti in un quadro inspiegabile e fantastico, sono scritti con uno stile piano, privo di tutti gli orpelli che caratterizzano la prosa araba classica, ma che grazie alla sua semplicità riesce a sostenere il senso di tensione che li pervade. Un’evoluzione linguistica e stilistica, tuttavia, è estremamente palese se si leggono i racconti seguendo un arco cronologico, così come viene proposto nella traduzione del testo. Il carattere simbolico della sua scrittura è enfatizzato dal fatto che Salem non dà un nome ai suoi personaggi. Nella raccolta La partenza, infatti, il protagonista o è del tutto anonimo o è indicato con “S.”; in quest’ultimo caso, l’autore gioca su un doppio piano: in arabo, “il signore S.” equivale al nostro “Signor X.”. In più, sia il suo cognome che la parola “sayyid” (signore) hanno la stessa lettera iniziale.

Nelle novelle successive il protagonista resta sempre anonimo, non detto, dai contorni sfocati, quasi un ologramma che potrebbe dissolversi come una nuvola (cosa che accade ne “L’uomo che diventò una nuvola”) nel quale ogni lettore può identificarsi. È impossibile non scorgere nelle pagine di Salem echi della filosofia esistenzialista europea; non a caso lo scrittore siriano fu traduttore di Camus. Tratti salienti di questa corrente di pensiero possono facilmente essere scovati nei racconti qui tradotti. Indubbiamente, il centro dell’universo di Salem è l’individuo in sé, e non certo le grandi masse, quasi del tutto assenti. Il singolo, poi, come già ricordato, nel corso delle novelle, si ritrova nel mondo e non lo riconosce, come se vi fosse stato scagliato dentro a sua insaputa. La spaccatura del soggetto in più entità, che l’Europa aveva già conosciuto con l’io uno e plurimo di Nietzsche, è qualcosa di estremamente nuovo per la cultura araba che, sotto la spinta della religione rivelata, sia essa musulmana o cristiana, si era costruita un soggetto unico e granitico, proprio come era stato per la cultura europea fino alla prima metà dell’Ottocento.

Il viaggio che si intraprende immergendosi nei racconti di George Salem somiglia purtroppo a una traversata che si conclude qualche secondo dopo che il marinaio di guardia ha gridato: ‘Terra!’. Nello stesso momento in cui sembrava profilarsi all’orizzonte la possibilità di un approdo, la sorte ci ha privato di un intellettuale che ancora molto aveva da darci. Ma forse il fascino di questi racconti ne esce rafforzato; pur non avendo avuto il tempo di fornirci una soluzione bell’e pronta, Salem ci ha indicato una probabile via da percorrere alla ricerca di un senso della vita che trascende le confessioni e le ideologie per fare dell’Uomo la sua preoccupazione principale.