La dott.ssa Sara Bodio, Life & Teen Coach: “Ragazzi, non perdete di vista quello che volete diventare da grandi. Cominciate a pensarci adesso”

Tesine, tracce, commissari esterni. Ci siamo. L’esame di maturità è alle porte. E anche il grande salto verso l’università. Ma la preoccupazione più grande ora per tutti gli studenti d’Italia è per la tesina e la preparazione dell’orale. E poi? Superata la prova, scegliere bene è importante. “Quante energie toglie prepararsi all’esame di maturità – spiega la dott.ssa Sara Bodio, Life & Teen Coach – . Qualcuno sarà semplicemente proiettato verso la prima estate libera dopo tanto tempo. Senza il rischio di debiti scolastici e senza corsi di recupero. Qualcuno sta preparandosi al rush finale: ultime interrogazioni per alzare la media, prove d’esame e studio intenso”. Ma il rischio è di arrivare troppo stanchi per poter decidere bene che facoltà scegliere. E ci se ne accorge sempre troppo tardi. Secondo i dati Istat nel 2014 gli studenti si sono indirizzati verso i corsi di primo livello di durata triennale (83,8%) mentre il restante 16,2% si è orientato verso i corsi di laurea magistrale a ciclo unico. Ma il dato allarmante è che il passaggio dalla scuola secondaria all’università è andato progressivamente riducendosi negli anni. Ci si ferma lì. Questo perchè forse non ci si è chiesto per tempo: ma io cosa voglio fare da grande? Allora potrebbe essere utile l’aiuto di un coach. “Più di un cliente, ormai in fase adulta, mi dice di non aver scelto la facoltà giusta per colpa della maturità. L’avreste mai detto? La frase tipica è: sono arrivata così stanca a fine esami che ho deciso di staccare la spina completamente, smettendo di pensare alla scuola, all’università e all’iscrizione per tutta l’estate. E così mi sono ritrovata a settembre in ritardo per gli esami di ammissione o impreparata ai test della mia facoltà preferita. E ho scelto un’alternativa. Poi, finito il primo anno, se avessi cambiato non mi avrebbero riconosciuto tutti gli esami fatti. Per cui sono rimasta lì”.

La scelta della facoltà non va rimandata, occorre solo chiedersi: cosa mi piace realmente?

La stanchezza, il rimandare. Tutti dettagli apparentemente trascurabili ma che nel tempo si trasformano nella scelta sbagliata di un progetto di vita mancato. “Ecco perché invito i ragazzi a fare delle riflessioni serie e fatte per tempo per capire come orientarsi, per capire quali criteri utilizzare per scegliere il proprio futuro – continua la dott.ssa Bodio -. Riflessioni fatte non a caso. Non la carriera prevista dall’esistenza di uno studio avviato di famiglia, non necessariamente la farmacia ereditata dal padre, non la realizzazione dei desideri di mamma. E potrei continuare con un lungo elenco di scelte fatte per gli altri e non per se stessi”. La Life Coach allora suggerisce: chiedetevi cosa vi piace. “Il metodo che utilizzo si chiama Mov (Metodo d’Orientamento Vocazionale dello psicologo e coach Luca Stanchieri) e accompagna i ragazzi e i loro genitori alla scoperta della propria vocazione. La vocazione laica (da vocatio: vocare, chiamare) è quella chiamata che ti porta ad alzarti ed elevarti verso un progetto di vita il cui scopo è superiore a te. Il metodo è quindi basato sulla ricerca consapevole e creativa della propria vocazione, quale tensione specifica e individuale all’autorealizzazione”. Tutto sta nello scoprire le proprie potenzialità, nell’allenamento di queste all’interno di un sistema simbolico che ci appartiene, e nell’individuazione delle nostre capacità, intese come intelligenze che spesso la scuola non ha modo di esplorare o valutare. “Per trovare la vocazione bisogna rispondere a quattro domande – approfondisce Sara Bodio -. Mi piace? Per verificare al nostra passione, il nostro sistema simbolico. Posso farlo? Questo indica le nostre attitudini e intelligenze. Voglio farlo? Indica l’atteggiamento, la nostra manifestazione di volontà e impegno nel tempo. Dove farlo? Indica la capacità di scegliere il contesto e di cogliere in lui le opportunità per realizzare il nostro progetto di vita. Oggi i giovani crescono rinunciatari in partenza, spesso perché noi adulti non siamo in grado di allenare la loro speranza, mostrando l’assenza della nostra. Aiutiamoli a trovare un proprio progetto di vita per differenziarsi e per impegnarsi con passione oltre le sfide e le difficoltà che il contesto storico e sociale presenta”.