Una stagione ricca in scena a Terni a partire dal prossimo mese di ottobre vedrà salire sul palco del teatro Sergio Secci nuove produzioni, rivisitazioni di classici, performance di danza e spettacoli su temi sociali attuali

di F.C.

È stata la Biblioteca Comunale di Terni ad ospitare la presentazione della stagione di prosa del teatro Sergio Secci curata dal Teatro Stabile dell’Umbria. Un programma vario che proporrà spettacoli di diverso genere per accontentare un pubblico sempre più eterogeneo che di anno in anno siede in platea sempre più numeroso.

Si inizia il 12 ottobre con una nuova produzione TSU, Occident Express (Haifa è nata per star ferma) con Ottavia Piccolo per la regia di Stefano Massini. Nella pièce, in scena a Terni quattro giorni, La storia dell’anziana di Mosul che si mise in fuga con la nipotina di quattro anni: cinquemila chilometri, dall’Iraq fino al Baltico, attraverso la cosiddetta “rotta dei Balcani”. Cronaca di un viaggio, ma anche diario di una fuga, Occident Express è “un’istantanea su un inferno a cielo aperto”, ma, soprattutto, è una storia vera, un piccolo pezzo di vita vissuta che compone il grande mosaico dell’umanità in cammino. Un racconto spietato fra parole e musica, senza un solo attimo di sosta: la terribile corsa per la sopravvivenza. “Questa storia – asserisce la Piccolo – mi aiuta a non voltare la testa dall’altra parte. Mi metto in cammino con Haifa e dopo non sarò più la stessa”. Il 25 e 26 ottobre sarà la volta di A ruota libera con Sergio Rubini e Giovanni Veronesi. Lo spettacolo vuol essere una “chiacchierata” musicale tra i due artisti ed il pubblico sul cinema, sullo spettacolo e sui mille aneddoti vissuti in quel sottile “confine artistico” tra la vita e l’arte, la realtà e la finzione di ogni artista. Il regista e sceneggiatore Giovanni Veronesi e l’attore di fama internazionale Sergio Rubini dialogheranno in un vortice di racconti, canzoni ed emozioni. Dal 31 ottobre al 25 novembre al teatro Studio 1 arriva il secondo capitolo del progetto Trilogia sull’Identità, pensato in tre tappe da Livia Ferracchiati Stabat Mater, presentato in prima assoluta alla Biennale di Venezia. Il protagonista è Andrea, un giovane uomo ormai consapevole di vivere in una forma, quella femminile, che lo contraddice, lo ostacola, lo soffoca, e, tra esaltazioni erotiche e prosaica quotidianità, sta cercando uno spazio, una misura di personale adattamento alla realtà: riuscirà a sentirsi se stesso e adulto? Ha una fidanzata che vorrebbe costruire una famiglia con lui, una psicologa con la quale sta perdendo il punto dell’analisi e una madre lontana geograficamente, dalla quale non riesce a separarsi. Tre donne, tre madri, dalle quali si staccherà e diventerà un individuo indipendente che non chiederà più di essere approvato. La solitudine momentanea diventa il prezzo da pagare in cambio dell’autenticità con se stessi, il dolore è il nuovo sentimento da conoscere per tornare, quando sarà metabolizzato, al gradito gioco dell’ironia. Il 7 e l’8 novembre Pietro Babina e Emanuele Aldrovandi firmano un inedito viaggio nel Vecchio Testamento, Il libro di Giobbe. Protagonista, insieme a un cast di eccellenti attori, un interprete di riconosciuto talento come Leonardo Capuano. Sul palco, ripercorrendo la storia di Giobbe come ispirazione per un racconto contemporaneo, si arriva ai temi che nella sua visione fondano la natura essenziale del teatro: l’indagine sulle ragioni del male, sul valore del bene, sull’esistenza di un’altra dimensione, quasi magica, sulle relazioni fra ingiustizia e giustizia, potere e libertà. Pueblo, il nuovo spettacolo di Ascanio Celestini (4-7 dicembre) porterà al pubblico ternano un ritratto dei margini della società, invitandolo ad identificarsi con i suoi protagonisti. Si prosegue il 18 e il 19 dicembre con Ma che razza di Otello con Marina Massironi accompagnata in musica da Fabio Battistelli (clarinetto ), Augusto Vismara (violino) e Neruda (pianoforte). Se a raccontarci l’Otello è Shakespeare, è una tragedia. Se ce la racconta Verdi in musica, è un melodramma. Se a raccontarla è un’attrice comica del calibro di Marina Massironi, la fosca vicenda del Moro diventa un’esilarante cavalcata fra passioni e intrighi del Cinquecento e dell’Ottocento, con inaspettate e pungenti irruzioni e divertenti cortocircuiti con l’attualità. La riscrittura si avvale della narrazione per ripercorrere in modo ironico la storia dell’impresa verdiana, la musica dal vivo ripropone arie, recitativi e fantasie di temi per un trio di musicisti che evoca i colori dell’orchestra. Il 2018 si apre con Serata Europea (12-13 gennaio) con la compagnia Opus Ballet (diretta da Rosanna Brocanello) che attraverso questa performance mostrerà la propria versatilità, proponendo nuovi nomi di autori del vivaio europeo, accanto a coreografi affermati come Loris Petrillo e Vasco Wellenkamp. Coreografie di Gustavo de Oliveira, Aaurelie Mounier, Maria Vittoria Feltre, Angela Placanica, loris Petrillo e Vasco Wellenkamp. Seguirà poi, il 17 e il 18 gennaio, lo spettacolo fuori abbonamento Sempre domenica (del Collettivo Controcampo) vincitore del Premio In Box perché “rappresenta paure e tensioni della nostra generazione con un linguaggio efficace ed immediato. A un’apparente immobilità si è contrapposto un ritmo incalzante sostenuto dalla bravura dei giovani attori”. Sul palco sei voci e un intrico di vite: al microscopio la trama sottile dei moti e dei vuoti dell’animo umano. Il giuramento di Claudio Fava sarà invece in scena giovedì 1 e venerdì 2 febbraio. Le teste – si legge nelle note di regia – si possono tagliare o contare. Il regime fascista nelle università italiane scelse entrambe le soluzioni. Di teste ne contò milleduecento trentotto. Dodici furono quelle che tagliò. Eroi per caso di un’Italia civile a cui era rimasta solo quell’estrema risorsa di dignità: il diritto a un rifiuto. Accadeva il 13 novembre 1931. Il testo teatrale racconta di uno di loro, si chiama Mario Carrara e quando il rettore gli comunica la data e le prescrizioni del giuramento – fedeltà al re e al duce – Carrara capisce di non poterlo fare. Non giura. Non può. Non potrà mai più. Il giorno dopo le cattedre dei reprobi vengono immediatamente riassegnate. Nessuno dei nuovi docenti si tira indietro. Alla storia restano solo i nomi dei dodici che seppero dire di no a Mussolini. Mario Carrara fu uno di loro. Si passa poi dal 17 al 20 febbraio a Coriolano per la regia di Marco Plini. La Roma descritta da Shakespeare è sconvolta da conflitti che sfiorano la guerra civile e i cittadini romani che rivendicano i loro diritti sono blanditi da alterni populismi, da un lato i patrizi che con il loro paternalismo tendono a nascondere gli abusi perpetrati dal senato, dall’altro i tribuni della plebe, veri e propri professionisti della politica preoccupati di mantenere la loro presa sulla massa che li ha eletti. Coriolano, il protagonista, è sincero, è un eroe militare, ma è anche apertamente un nemico del popolo, è un convinto nemico delle conquiste sociali ottenute dalla plebe e appena ne ha occasione vomita il suo disprezzo ed il suo odio per questa masnada di voltafaccia pronti a divinizzare il giorno prima e a condannare il giorno dopo. Rossini Ouvertures di Spellbound Contemporary Ballet ad inaugurare il mese di marzo (venerdì 2 e sabato 3) celebrando la figura artistica e umana di Gioachino Rossini di cui, nel 2018, ricorreranno i centocinquanta anni dalla morte. “La sua era musica estrema – commenta il coreografo Mauro Astolfi – Il segno di una forza e di una energia superiore, e ho volutamente cercato di creare una danza estrema, carica di energia, di vitalità, di incontri, di seduzioni, di suggestioni; ho passato molto tempo pensando come si sarebbe potuto tradurre in movimento la sua genialità compositiva. Non ho sentito di lavorare su un’astrazione, ho cercato e ho ‘sentito’ come raccontare la vibrazione della sua musica: mi sono letteralmente lasciato trasportare, ed è stata un’esperienza unica”. Lucia Galeazzi approda sul palco ternano il 15 e il 16 marzo con Il fronte delle donne, spettacolo che svela il ruolo delle donne durante il conflitto del 1915 – 1918, il più grande e devastante massacro bellico che la storia ricordi. Maria Rosaria Omaggio ha selezionato e scelto di interpretare le poesie di guerra di Ungaretti, le pagine più significative di Parla una donna – Diario di guerra di Matilde Serao e i versi femministi di un’insospettabile Ada Negri. Poi, sette voci femminili e due chitarre, attraverso narrazioni, testimonianze dirette e storiche, canti di soldati e donne, immagini di repertorio, luci e atmosfere, riportano alla luce, in modo originale e commovente, i ricordi che sono le radici della vita femminile dal 1915 in poi. Protagoniste saranno Maria Rosaria Omaggio, Lucilla Galeazzi e il gruppo vocale Levocidoro, impressioni visive realizzate dal videoartista Carlo Fatigoni.