La prima preziosa testimonianza riguardante San Bevignate è contenuta nei registri del Comune di Perugia. Porta la data del 18 maggio 1256. Si tratta di un’annotazione succinta in cui è riportata la discussione del consiglio della città sulla lettera che aveva spedito loro un certo ‘frater Bonvicinus’, riguardante la costruzione della ‘ecclesie Sancti Benvegnati’. San Bevignate non era solo una chiesa, ma all’occorrenza fungeva da fortezza di difesa per la città e i contadini della zona
di Francesco Fini
La presenza dei templari nell’area del Perugino si colloca attorno agli anni 1237-43, quando papa Gregorio IX dona loro l’abbazia di San Giustino d’Arna (1237), situata a pochi chilometri da Perugia e la chiesa di San Girolamo (1243), presso l’antico sobborgo di porta Sole, vicino all’odierno cimitero monumentale cittadino. Ma di San Girolamo oggi non v’è più traccia, perché probabilmente fu abbattuta per edificare al suo posto la chiesa di San Bevignate. La prima preziosa testimonianza riguardante San Bevignate è contenuta nei registri del Comune di Perugia. Porta la data del 18 maggio 1256. Si tratta di un’annotazione succinta in cui è riportata la discussione del consiglio della città sulla lettera che aveva spedito loro un certo ‘frater Bonvicinus’, riguardante la costruzione della ‘ecclesie Sancti Benvegnati’. Sempre di Bonvicino ci è giunta la sua richiesta ai canonici della cattedrale, nel 1262, di una lapide di marmo che doveva forse servire come mensa d’altare, e ciò indica che la chiesa all’epoca era quasi ultimata. Ma chi era Bonvicino e perché ricoprì un ruolo cruciale nell’edificazione di San Bevignate? Bonvicino fu cubicolare di Gregorio IX e Innocenzo IV, cioè un segretario particolare che godeva della più completa fiducia dei pontefici e che svolse per essi delicati incarichi amministrativi e diplomatici. E’ l’epoca della sanguinosa guerra tra i ghibellini guidati da Federico II di Svevia e la lega delle città guelfe fedeli al papato, di cui fa parte anche Perugia. Bonvicino nel 1244 è incaricato dal neo eletto papa Innocenzo IV di recarsi con un’ambasceria ad Acquapendente dove si trova di passaggio Federico II, per convincerlo a porre fine alla guerra. Ed è sempre a Bonvicino che viene affidato da Alessandro IV, successore di Innocenzo, il delicato compito di convincere i perugini a capeggiare una lega guelfadi Comuni umbri contro Manfredi, senza sucesso. Bonvicino svolge anche un importante ruolo di controllo dell’amministrazione delle case dei templari della Tuscia, della Marca Anconitana e del ducato di Spoleto. Infine fa da prezioso tramite tra il Comune di Perugia, l’Ordine templare e la Chiesa. E’ proprio in questa veste che nel 1260, dietro insistenza del vescovo e del Comune di Perugia, cerca di ottenere da Roma senza successo, la canonizzazione dell’eremita Bevignate. Canonizzazione che Perugia non otterrà mai dalla curia pontificia e che decreterà laicamente ‘sua sponte’ con una delibera comunale nel 1453!
La storia di San Bevignate Se la situazione politica italiana del Duecento appare complicata, lo è ancor di più ricostruire la figura di San Bevignate. Lo Iacobilli, storico umbro del Seicento, racconta che Bevignate, perugino di nascita e figlio di contadini, si sarebbe fatto monaco e poi eremita nei boschi intorno a Perugia. Aiutò i poveri e gli oppressi e resuscitò un fanciullo ucciso da un lupo. Forse morì attorno all’anno 500. La prima volta che Bevignate è chiamato “santo” è documentata nei registri comunali nel 1256. Nel 1266 e nel 1267 i Templari ne chiedono al papa la canonizzazione chiamandosi “fratres santi Benvignatis”. Infine nel 1277 i perugini, approfittando del fatto che papa Giovanni XXI, la curia al completo e il gran maestro templare Guglielmo di Beaujeu si trovano a Viterbo, non esitano a mandare una ambasceria per perorare la propria causa, ma il pontefice di li a poco muore e il Beaujeu torna in Palestina. All’interno della Chiesa di San Bevignate nella parete di fondo dell’abside, in posizione quasi centrale a indicarne l’importanza, è raffigurato il vescovo che benedice Bevignate, leggermente chinato. Questa immagine ha fatto scaturire altre interpretazioni tra cui quella del Siepi che lo ritiene vissuto all’inizio del Duecento. La dott.ssa Casagrande dell’Università di Perugia ha ipotizzato che il saio bianco che indossa il santo indicherebbe che forse è appartenuto ai Camaldolesi o a qualche altro ordine monastico. Chiara Frugoni, insigne medievista e studiosa degli affreschi della chiesa, ha supposto che il santo, indossando l’abito bianco come i templari ritratti nella controfacciata, dapprima fosse un eremita entrato poi nell’ordine del Tempio: questo spiegherebbe i reiterati tentativi da parte dell’Ordine di ottenerne la canonizzazione. Nella parete di destra dell’abside, vicino all’immagine di Bevignate, v’è un’altra preziosa testimonianza pittorica che attesta l’esistenza a Perugia, in quel periodo, del movimento dei Disciplinati o Flagellanti, fondato nel 1260 da Raniero Fasani, qui raffigurato alla testa della processione dei penitenti. E’ un periodo di guerre sanguinose e quindi non deve stupire che sia sorto un movimento che invocava la pace, la rinuncia alla violenza e l’invito al pentimento attraverso processioni e riti di penitenza pubblica; tanto più che la famosa “Lezenda” scritta dal Fasani a Bologna narra la storia di un miracolo il cui protagonista è Bevignate accompagnato da quattro santi. Nella Lezenda si parla anche di una lettera che sarebbe stata inviata dal cielo a Raniero mentre si stava dando la disciplina, subito appare Bevignate che ne spiega al basito penitente il contenuto: il castigo di Dio e il suo giudizio sono imminenti e solo grazie all’intercessione della Vergine è stato concesso agli uomini un breve lasso di tempo, affinché si pentano e si convertano in vista della salvezza eterna. Inoltre Dio vuole che la disciplina privata di Raniero divenga pubblica e sia condivisa da tutti i cittadini. La lettera celeste deve essere consegnata al vescovo affinché questi ne divulghi il contenuto. Raniero obbedisce, ma all’inizio incontra la resistenza del presule, che in un secondo momento capisce l’importanza dell’occasione che gli viene offerta: portare la città sotto il controllo istituzionale della Chiesa e del governo popolare, arginando così il pericolo di infiltrazioni ghibelline. E’ l’arma decisiva per limitare il vecchio potere magnatizio attraverso la paura dell’aldilà, e per rafforzare il nuovo governo popolare, ponendo fine agli odi e alle violenze. E questo spiegherebbe anche il posizionamento dell’affresco del Giudizio Universale accanto alla processione dei Flagellanti. San Bevignate può essere quindi considerata, a buon diritto, la chiesa di tutti i perugini e non solo dei Templari o dei Flagellanti, perché ha avuto un ruolo rilevante nella storia della nostra città fungendo da collante sociale, un luogo in cui si fondevano sentimenti profondi e simboli a cui sentivano di appartenere tutti i cittadini.