Le sue fotografie sono delle vere e proprie opere d’arte che sembrano uscir fuori dalla tela, per poi materializzarsi nel pensiero di coloro che le osservano e che, davanti a così tanta bellezza, rimangono estasiati. Spesso traggono ispirazione da un artista, un quadro, un movimento… Ma il risultato finale è sempre scandito da quello stile inconfondibile che fa dell’autore una personalità unica ed immediatamente riconoscibile.

di Teresa Lanna

Lui è Damiano Errico. Nato a Caserta nel 1970, vive e lavora, come fotografo professionista, tra Caserta e Vasto, in provincia di Chieti. Inizia il suo percorso frequentando l’Istituto d’Arte di San Leucio, dove incontra il maestro di pittura Bruno Donzelli. Quest’incontro si rivela fondamentale per la sua formazione artistica. Trascorre, infatti, un lungo periodo da assistente presso lo studio del maestro, apprendendo le tecniche pittoriche. Diplomatosi, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studia fotografia con Mimmo Jodice. L’incontro con il maestro Jodice apre nuovi orizzonti artistici e visivi: la fotografia. Dal primo incontro con il maestro ad oggi non trascorre un giorno senza vivere di fotografia. Espone periodicamente in gallerie e musei, iniziando a tenere i primi workshop fotografici. Errico ha sempre vissuto un conflitto interiore tra pittura e fotografia, grande dubbio amletico. Ma negli ultimi anni è impegnato in una visione panteistica della fotografia, nella quale tutte le arti cercano di convergere, ed in cui anni di esperienze artistiche a tuttotondo si esprimono in un attimo.

Lei nasce come pittore; come ha iniziato?

 “Nasco come pittore con il grande sogno nel cassetto di ‘sfondare’ nell’ambiente dell’arte. Inizio ad esporre in gallerie tra personali e collettive, spesso anche fuori regione (Milano, Torino, Bologna). I miei primi passi partono dall’Istituto d’Arte di San Leucio, dove conosco il maestro Bruno Donzelli, diventando, in poco tempo, il suo assistente. Grazie al maestro Donzelli mi ritrovo catapultato, già a 16 anni, nel magico mondo della pittura. Inizio con piccole mostre, spesso in associazioni culturali e caffè letterari”.

L’incontro con Mimmo Jodice le ha ha cambiato la vita; ci racconta com’è avvenuto e quali insegnamenti ha fatto suoi?

“Terminati gli studi all’Istituto d’Arte, decido di iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Il dramma è che mi ritrovo, tra gli esami, anche quello di fotografia. Non avevo mai preso tra le mani una macchina fotografica, quindi puoi immaginare le mie paure ed insicurezze. Invece, come per magia, già dopo la prima lezione con il maestro Jodice, la mia vita cambia. Mi rendo conto, grazie alla sua sensibilità, che la fotografia è un linguaggio, proprio come la pittura e la scultura. Inizio a capire, così, che la fotografia può tradurre in linguaggio visivo quello che il cuore e la mente racchiudono. In pratica, dopo due settimane dal primo incontro, sono già in grado, oltre che di scattare, anche di sviluppare e stampare foto. Questa incredibile evoluzione sboccia quando, dopo aver visto i miei primi scatti, il maestro Jodice apprezza particolarmente il mio modo di affrontare i ritratti… Per me è amore immediato! Dal maestro ho appreso l’amore per il bello e per la nostra tradizione culturale; il rigore per le forme e la pulizia nelle composizioni. Inoltre, l’esaltazione teatrale dei soggetti e l’attenzione per i gesti. A questo punto del mio percorso artistico, ho iniziato a trascurare la pittura per dare risalto alla fotografia”.

Hi un messaggio distintivo, ‘Verso la pittura’; ce lo spiega?

“Uno dei miei motti, forse quello che più mi rappresenta, è il mio metaforico ‘viaggio verso la pittura’. Lo considero l’anello di congiunzione tra la pittura e la fotografia. Nel momento in cui ho iniziato a fotografare, mi sono ritrovato a trascurare la pittura, e questo atteggiamento mi ha creato un dissidio interiore. Sembrava quasi che tutta la mia ricerca, tutti i miei studi pittorici, d’un tratto fossero svaniti nel nulla. Ma quando ho capito che anche con la fotografia potevo esprimere i miei sentimenti per cercare di elevarli ad ‘arte’, ho immaginato tutta la mia esperienza di pittore a disposizione della fotografia. ‘Verso la pittura’ è il mio viaggio nel mondo dell’arte, dove tutte le mie conoscenze sono al servizio della fotografia”.

Le modelle dei suoi ritratti sono sempre molto belle; c’è una caratteristica che le accomuna e senza la quale una foto non verrebbe fuori come quella cui aspira lei?

“Le mie modelle solitamente sono ragazze della porta accanto, non professioniste. Quello che conta è che abbiano una sensibilità per il bello ed una conoscenza, anche minima, della storia dell’arte. Prima di un servizio fotografico ci studiamo un pittore, o magari un quadro, oppure un movimento artistico. A quel punto, inizia la magia: la modella reinterpreta un concetto che, in sintesi con il mio pensiero, diventa opera. Succede allora che, ad un certo punto, le modelle diventano attrici; finiscono, infatti, per rievocare, ad esempio, la Venere di Botticelli, Giuditta di Artemisia Gentileschi, il San Giovannino di Caravaggio, la Proserpina di Bernini… Preferisco spesso ragazze ‘comuni’ perchè la professionista ha le idee chiare sulla posa; la ragazza comune, invece, è spesso insicura; quindi è come un foglio bianco dove io vado a ‘dipingere’ con la luce. Il discorso cambia quando fotografo durante i miei seminari (sono master di ritratto). In quel caso, per ovvi motivi, preferisco una professionista”.

Qual è la tipologia di foto che predilige?

“La tipologia di foto che prediligo è il ritratto in primis, con uno sguardo rivolto al nudo artistico. Amo le rappresentazioni del corpo femminile attraverso la storia dell’arte, e sono convinto che il corpo di una donna si avvicini alla perfezione della natura. Ecco perchè il nudo”.

Quanto conta il distacco emotivo nel realizzare un bel ritratto? Quanto riesce a mantenerlo nel fotografare componenti della sua famiglia?

“Il distacco emotivo conta tantissimo; anche se la cosa fondamentale è l’intesa tra soggetto e fotografo. Il mio primo soggetto in assoluto è stato mia moglie: sono appena trentun’anni che la fotografo, e trentun’anni che trovo difficoltà a fotografarla. Ma le foto che amo in modo particolare sono proprio i suoi ritratti”.

 Progetti futuri?

“I miei progetti futuri sono tanti. Anzi, sostengo che tutti i miei progetti realizzati sono ancora aperti, quindi pronti ad arricchirsi. Ma uno, in modo particolare, mi sta molto a cuore: ritornare a dipingere. Mi piacerebbe riprendere i pennelli per capire il mio linguaggio dove potrebbe portarmi. Magari a fare un viaggio nuovo; un viaggio ‘dalla pittura alla…’. Chissà… Staremo a vedere”.