Di Francesca Cecchini
Giuliano, Emanuele, Ermanno, Andrea, Danilo, Andrea, sei amici che non dimenticano le proprio origini ma ne fanno, anzi, il punto di forza che permette loro di tenere stretto il grande sogno della musica
La Rivoluzione è finalmente arrivata a Perugia e stasera, 18 novembre, migliaia di fan vedranno salire sul palco del Palaevangelisti la tanto attesa (ed amata) band dei Negramaro. Tornano infatti ad investire di energia, dopo cinque anni di assenza dal capoluogo umbro, il grande palco, i sei amici partiti dal Salento con la loro passione, le loro storie tutte da leggere tra le righe delle canzoni e la densa corposità che contraddistingue loro ed il vino rosso da cui prendono il nome per sottolineare il grande legame con la propria terra di origine. Durante il concerto, promosso dall’Associazione Umbra della Canzone e della Musica d’Autore, vecchi successi ma anche brani dell’ultimo album, La Rivoluzione sta arrivando, che proprio ieri, mentre varcavano le porte di Perugiai Negramaro hanno saputo essere stato certificato Disco di Platino.
Ma da Casa 69 (2011), ultimo album di inediti, quanto questa rivoluzione-evoluzione ha colpito i sei musicisti pugliesi? Lo chiediamo a Lele, Emanuele Spedicato, chitarrista dei Negramaro…
“Nel corso di questi anni, sia nella vita artistica che in quella personale, per noi c’è stata una rivoluzione interiore. Partendo dalla routine quotidiana, passando per molteplici esperienze e arrivando alla perdita di alcune persone care, è cresciuta in noi una consapevolezza di ciò che è realmente la vita. Bisogna vivere al cento per cento senza soffermarsi troppo a pensare a cosa avverrà in futuro: quando questo futuro arriverà, vedremo cosa porterà. Un’esperienza di più di quindici anni di musica e il nostro percorso umano ci hanno permesso e ci permettono tuttora di tenere stretto il nostro sogno nelle tasche: vivere ancora oggi di musica e poterci raccontare attraverso questa”.
Qual è la forza che vi fa navigare ancora insieme?
“ Non credo ci sia una “strategia”particolare di fondo. Forse il fatto di essere amici da tanti anni prima che “colleghi” ha fatto sì che ciò che le nostre famiglie ci hanno insegnato (i valori della vita) venisse messo in pratica. Credo sia solo questo il principio giusto per tenere stretto un rapporto, che sia amoroso o di amicizia come nel nostro caso. Il confronto, poi, è uno dei punti che più ci tiene legati, è un motivo di crescita per ognuno di noi”.
Nelle varie interviste che ho letto, tre sono le parole che aleggiano quando parlate del nuovo album: vita, morte ed ironia. Immagino siano legate ad un filo logico, quello di un viaggio. In questo percorso l’ironia quanto è importante?
“Credo che l’ironia sia importantissima. Occorrerebbe, probabilmente, cercare di prendersi un po’ meno sul serio, a volte, nella vita e provare ad affrontare i problemi (dove possibile) con un po’ più di “leggerezza”. Forse così potremmo essere tutti più sereni. L’ironia, secondo me, è fondamentale per sciogliere quei nodi di tensione che la vita oggi ci mette di fronte”.
Nella copertina de La Rivoluzione sta arrivando c’è l’immagine della bandiera marinaresca con il teschio (ideata e disegnata da Ermanno Carlà). Cosa rappresenta? Un “romantico” spirito piratesco che vi appartiene o il concetto vita-morte di cui parlavamo prima?
“In realtà volevamo mettere sulla copertina dell’album un simbolo che raccogliesse un po’ tutte queste sensazioni, le nostre. All’interno del disco c’è il disegno di tutto questo viaggio, di questi avatar che attraversano varie fasi e varie città a bordo di una nave immaginaria. Un percorso che si snoda nello spazio, nel tempo, e che porta con sé l’obiettivo comune di liberare l’anima del mondo. Gli avatar parlano della nostra musica, del nostro pensiero artistico”.
Dell’album, tra le altre, personalmente mi ha colpito, per musica e parole, “Il posto dei Santi”. Vivere non è abbastanza se non c’è una danza che non ti convinca di saper volare libero senza rinchiudersi… come possiamo trovare in noi questa “danza”?
“Non sono molto bravo a dare consigli ma posso provare a spiegarti la mia esperienza. Credo che lasciarsi andare, non aver paura di vivere situazioni ed emozioni e non temere di esprimersi, anche correndo il rischio di sbagliare, sia il modo giusto per trovare la propria danza di vita”.
Facciamo un passo indietro e torniamo alla vostra interpretazione di “Meraviglioso” di Domenico Modugno. Una “rivisitazione” molto apprezzata da pubblico e critica. C’è un altro brano “cult” della musica italiana che vorreste rendere “vostro”?
“All’interno dei nostri album ci sono altre cover che ci stanno a cuore e che abbiamo rifatto in “stile Negramaro” anche se Meraviglioso ne rappresenta l’apice. Abbiamo altre canzoni in cantiere. Siamo molto legati alle canzoni d’autore anche perché noi siamo proprio questo: la canzone d’autore con un sound internazionale a cui ognuno di noi fa riferimento, un’insieme di atmosfere che vanno poi a confluire e che costituiscono lo spirito Negramaro. Per adesso però non posso darti un titolo in particolare”.
Mi parli di Spirito Negramaro… sul palco c’è qualcosa della vostra terra, del Salento, che portate sempre con voi?
“Portiamo un nome simbolo che rappresenta il Salento (NdR. Il Negroamaro un antico vino salentino). Volevamo avere un nome che evocasse, solo a sentirlo, tutto il Salento che si possa immaginare”.
Per concludere, in questi anni di successi c’è una canzone a cui siete particolarmente legati e che, secondo voi, riesce a rappresentarvi più delle altre?
“Credo che Mentre tutto scorre sia il pezzo che “ha dato il la” alla vita artistica dei Negramaro. Un pezzo che ogni volta che eseguiamo dal vivo ci riporta sempre un po’ indietro nel tempo e ci fa ricordare di quanto sia importante una canzone, soprattutto quando tratta di sociale. E’ una canzone che portiamo nel cuore, che ci ha dato, e ci dà ancora oggi, emozioni notevoli”.
(fotografie dell’arrivo della band al Corriere dell’Umbria – 17 novembre – in occasione dell’incontro con i vincitori del contest legato al concerto)