Ad oggi, saremmo in grado di costruire “per l’eternità”? Guardandoci indietro, potremmo dire senza dubbio che gli ingegneri pre-romani ne erano capaci. A testimoniarlo la millenaria città di Alatri, nel cuore della Ciociaria

di Daniele Pandolfi

Le mura megalitiche che la circondano, dette anche ciclopiche in relazione alla leggenda che le vorrebbe edificate dai figli del Dio Saturno in persona, risalgono ad oltre 2500 anni fa. Di forma poligonale e di svariate dimensioni e peso sono incastonate con perfezione geometrica a descrivere un mosaico di puro ingegno stilistico. Passeggiando lungo il viale che le cinge si può facilmente far caso a come non siano affatto ancorate tra loro attraverso strati di calce. Insomma, non come siamo abituati oggi a concepire un semplice muro di mattoni, che evidentemente non resisterebbe al trascorrere dei secoli. Inoltre, la collina sulla quale si erge il paese, alle pendici dei Monti Ernici, è caratterizzata da una densa sismicità, un po’ come tutto il Latium Vetus. Potremmo altresì pensare che i Romani avessero già delle basi di fisica in grado di donare loro l’abilità di creare strutture antisismiche, forti anche dell’elevata resistenza di megaliti da diverse tonnellate l’uno, in grado – grazie all’astuta disposizione – di scivolare tra loro mantenendo integra l’intera struttura. Proprio questa presenza di monumentali elementi arcaici, insieme a quelli risalenti alle epoche successive, è ciò che conferisce alla Città dei Ciclopi un fascino tutto suo. Tra le leggende che la riguardano, ce n’è una che vorrebbe Alatri e le sue “compagne ciclopiche” – Arpino, Arce, Anagni e Atina, tutte inizianti per A – disposte secondo un disegno che rimanderebbe ad alcune costellazioni zodiacali. Si dice infine che la pietra sia antica come la Creazione. È questo il fulcro di tutti i nostri viaggi, vicini e lontani, sono accomunati dallo stesso materiale genetico. Qualcosa ha dato l’input, ha generato la scintilla che brucia senza sosta nella mente dell’Architetto. Ciclopi, Saturno, uomini o Dei: io ci sono stato, ho toccato con mano e nessuna parola descriverà ciò che ho provato, la tengo con me. Chissà se sarà l’input che brucerà finalmente la mia mente, tanto da elevarla a quelle eccelse che ora sono solo pagine di eternità.